MONTE MAGGIORASCA – 1804 m
MONTE BUE – 1781 m
MONTE NERO – 1752 m

Settore: Appennino Ligure
Gruppo: Gruppo del Monte Maggiorasca

Descrizione

Il Monte Maggiorasca (1804 m) è la vetta più alta dell’Appennino Ligure. È una montagna massiccia e complessa, intagliata in dure rocce basaltiche. Sorge sullo spartiacque tra Áveto e Ceno, e domina ad oriente l’amena conca dove si trova il paese di Santo Stefano d’Áveto. Il cospicuo groppo roccioso che ne costituisce la sommità emerge da un ampio altopiano coperto da fitte faggete. A sua volta questo altopiano è sorretto da imponenti pareti verticali, alte anche più di 100 metri, che lo difendono a ovest e a sud. A causa di questa struttura, l’intero edificio montuoso tende ad assumere una curiosa forma a torta a due piani (con i ripetitori e la statua sulla vetta a fare da candeline!).
L’area sommitale è ampia, coperta da una bella prateria d’altitudine. Il punto più alto della montagna è occupato da alcuni ripetitori radiotelevisivi, quindi la vetta che viene normalmente raggiunta è l’anticima sud-ovest (1792 m). Questa si presenta come un massiccio cupolone roccioso sporgente su Santo Stefano d’Áveto. Sull’anticima si trova la statua della Madonna di Guadalupe, eretta nel 1947. Ogni 27 agosto gli abitanti del paese si recano in pellegrinaggio sulla cima della montagna per celebrarne la festa. Le pareti basaltiche dell’anticima sono utilizzate come palestra di roccia.
Secondo alcuni, il toponimo dovrebbe derivare da mojolasca, da moja, cioè “zona umida”, con il suffisso -asca che vuol dire “luogo ricco di…”. Sarebbe quindi un riferimento alle numerose torbiere e paludi che si trovano sui fianchi della montagna (Prato della Cipolla, Prato Lamissora, Moglia dell’Anguilla, Lago Riane, Nisora…). Tuttavia, nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, era chiamato “Misurasca”, termine che assomiglia all’attuale “Maggiorasca” ma poco a moja. La mia personale ipotesi, da prendersi con le pinze, è che “misurasca” abbia la stessa radice di (la)missora e Nisora: tutti forse derivanti dal ligure nisseua cioè “nocciola”.
​Non bisogna comunque dimenticarsi delle vette secondarie che si trovano nell’ampio altopiano a sud della vetta e al colmo delle grandi pareti rocciose che lo sorreggono. Il Monte Picchetto (1742 m) è la più alta, una piccola cupola in gran parte coperta di boschi e ignorata dai sentieri segnalati.
Molto più spettacolare è la Rocca del Prete (1671 m), l’enorme parete rocciosa che sorregge l’altopiano sul lato occidentale. Si tratta di una spettacolare bastionata rocciosa alta da 60 a 140 metri, lunga 700 e quasi perfettamente verticale. La parte settentrionale è quella più alta e imponente: se vista da Rocca d’Áveto si presenta come un’enorme pala arcuata, incisa sulla sinistra dal profondo Canale Martincano. La vetta è costituita da un ripiano erboso molto panoramico, che a monte si salda quasi direttamente al dolce versante boscoso del Monte Picchetto.
Un’ultima cima si trova al colmo della grande parete sud, un’altra grande muraglia di rocce alta tra i 100 e i 130 metri, anche se meno verticale e spettacolare rispetto alla Rocca del Prete. Questa cima è chiamata Monte Croce Martincano o Croce di Martincano (1724 m), ed è sormontata appunto da una croce in legno dall’aspetto abbastanza instabile. Dal cocuzzolo della montagna si ha una bella vista verso sud, sui monti Penna e Aiona e sulla Val d’Áveto. Sul versante opposto il bosco giunge in vetta, coprendo il panorama sui vicini monti Picchetto e Maggiorasca.

Il Monte Maggiorasca visto dalla strada che sale a Casette
Il Monte Maggiorasca visto dalla strada che sale a Casette (30 ottobre 2016)

Il Monte Bue (1781 m) è la seconda cima più alta dell’Appennino Ligure. Sorge poco a nord rispetto al Monte Maggiorasca, e le due cime sono separate solo dal marcato valico della Colletta. Rappresenta un importantissimo nodo oroidrografico: in corrispondenza della sua cima la dorsale divisoria tra Áveto e Ceno si sdoppia, dando origine ai due contrafforti che racchiudono la Val Nure. Si presenta come una cima erbosa dalla forma vagamente piramidale, poco appariscente. È costituito da un affioramento di arenarie ofiolitiche, che fanno sì che le forme di questa cima siano più dolci rispetto a quelle delle cime vicine.
Anche per questo, il Monte Bue è stato scelto come centro del piccolo “comprensorio sciistico” dell’alta Val d’Áveto. Due piste da sci scendono lungo i versanti nord-ovest e sud e terminano al sottostante Prato della Cipolla. Poco a nord rispetto alla cima si trovano il Rifugio Monte Bue, recentemente ristrutturato e riaperto, e la stazione d’arrivo della seggiovia che sale da Rocca d’Áveto. Anche sul lato emiliano sale un piccolo skilift, che collega la vetta al sottostante Prato Grande di Monte Nero, ma che è oggi abbandonato. Sul vero e proprio punto culminante, invece, sorge una croce in legno.
Poco a nord-ovest rispetto al Monte Bue, lungo lo spartiacque tra Áveto e Nure, sorge il Groppo delle Ali (1698 m). Non si tratta di una vera e propria cima a sé stante, in quanto l’erboso ripiano sommitale si salda direttamente al versante del Monte Bue. Tuttavia, verso nord precipita con un’imponente parete rocciosa quasi verticale, alta un’ottantina di metri. Questa parete, insieme all’imponente campanile di roccia detto Dente delle Ali che sorge poco lontano e ad altri massi più piccoli, è una delle palestre di roccia più note della zona. Viene risalita dalla via Ferrata Mazzocchi, percorsa in tutte le stagioni da molti appassionati. Poco lontano un’altra brevissima via ferrata si sviluppa sull’impressionante Dente della Cipolla (1666 m), il più alto di una serie di torrioni dalle forme curiose che sovrastano il prato omonimo.
A nord-est, lungo la dorsale che divide la Val Ceno dalla Val Nure, si eleva invece il Monte Nero (1752 m), da non confondere con l’omonima cima posta nelle vicinanze del Monte Aiona. Si tratta di una delle montagne più belle dell’Appennino Ligure, per via del paesaggio caratteristico e inusuale. La montagna è infatti costituita da una lunga cresta quasi rettilinea, intagliata in dure rocce peridotitiche che formano dirupi, balze e imponenti ghiaioni. La cresta, detta localmente Costazza, è completamente avvolta da un fitto bosco di pini mughi.
Queste piccole conifere trovano qui una delle loro pochissime stazioni appenniniche autoctone (sono presenti solo sul Monte Nero, in alcuni luoghi nel Parco Nazionale d’Abruzzo e sulla Maiella). Verso nord la cresta del Monte Nero sovrasta il bellissimo Lago Nero, caratteristico specchio d’acqua di circo glaciale immerso nel mugheto, mentre verso sud incombe sulla valletta tettonica detta Tana di Monte Nero: qui, tra grandi ghiaioni, mugheti e faggete, si trovano altre numerose zone umide e un boschetto di abeti bianchi plurisecolari.
​Dalle cime dei monti Maggiorasca e Bue, nelle giornate limpide, si gode di un panorama assolutamente immenso, che ha pochi eguali nell’Appennino Ligure; di tutti i panorami che ho visto nella mia “carriera” di escursionista è forse quello più vasto e spettacolare. La conca di Santo Stefano d’Áveto si stende ai piedi delle pareti rocciose del lato occidentale, 800 metri sotto, ad un tiro di schioppo. Tutto intorno si elevano le montagne della Val d’Áveto, con la catena dei monti Penna, Cantomoro e Aiona con dietro il Mar Ligure e la Corsica.
Più a sinistra, dietro alle montagne della Val di Vara, spuntano all’orizzonte le isole dell’arcipelago toscano, tra cui l’Elba. Verso ovest e verso nord si vedono tutti i crinali più importanti dell’Appennino Ligure (Catena dell’Ántola, monti Figne e Béigua, monti Ràgola, Menegosa e Dosso) che da una parte scendono verso la Riviera di Ponente e si collegano alle Alpi Liguri, dall’altra digradano verso la Pianura Padana.
Si riesce poi a seguire tutto l’arco alpino: dal Monte Saccarello attraverso il Mongioie, l’Argentera, il Monviso, il Gran Paradiso, il Monte Rosa, le Alpi Bernesi (col binocolo si distingue benissimo il Finsteraarhorn!), le Alpi Lepontine, il Monte Disgrazia, il Bernina, l’Ortles, l’Adamello e le Dolomiti di Brenta, fino ad arrivare al Monte Baldo e, ancora più in là, ormai in Veneto, i Monti Lessini e il gruppo della Carega. Non è finita: a est, oltre l’ampia Val di Taro e l’isolato Monte Góttero si osserva d’infilata l’Appennino Tosco-Emiliano, con i monti Orsaro, Bráiola, Marmagna, Sillara, la Nuda, Alpe di Succiso, Cusna e Ventasso. A destra, invece, spiccano le Apuane, con i monti Pisanino e Sagro in bell’evidenza. Riassumendo, si vede tutto il Nord Italia, con dovizia di particolari.

Vie d’accesso

​Le vie d’accesso qui descritte hanno come meta o il Maggiorasca o il Bue; le due vette sono separate da circa 25-30 minuti di cammino attraverso il valico della Colletta, per cui possono essere tranquillamente raggiunte nel corso della stessa escursione.

  1. Monte Maggiorasca dal Passo del Tomarlo
  2. Monte Maggiorasca dalla SP654 per la Rocca del Prete
  3. Croce Martincana per il Canale dell’Acquapendente
  4. Monte Maggiorasca da Allegrezze
  5. Monte Maggiorasca da Rocca d’Áveto per il Canale Martincano
  6. Monte Maggiorasca, anello da Santo Stefano d’Áveto
  7. Anellino del Groppo delle Ali e del Monte Bue
  8. Monte Bue, anello da Selva
  9. Monte Bue, anello dal Passo dello Zovallo
  10. Monte Bue da Selvola
  11. Anello della Tana di Monte Nero
I monti Tomarlo, Maggiorasca, Bue e Nero visti salendo al Monte Pelpi
I monti Tomarlo, Maggiorasca, Bue e Nero visti salendo al Monte Pelpi (30 aprile 2017)

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