Santo Stefano d’Áveto – Rocca d’Áveto – Prato della Cipolla – Monte Maggiorasca – Lago Riane – Santo Stefano d’Áveto
Caratteristiche
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 800 m circa da Santo Stefano d’Áveto; 530 m circa da Rocca d’Áveto
Tempo: 4.30 – 5.15 ore (intero anello)
Ultima ricognizione: Novembre 2017
Percorso ad anello che permette di raggiungere la vetta più alta dell’Appennino Ligure partendo da Santo Stefano d’Áveto. Il percorso di salita è una delle camminate più classiche dell’intera Liguria: si segue l’antica mulattiera che, passando per Rocca d’Áveto, sale al Prato della Cipolla. Da lì, seguendo le piste da sci, si raggiunge la vetta del Maggiorasca. Per la discesa si propone un percorso meno frequentato, che permette di visitare la Rocca del Prete, i curiosi Campanili e la zona umida del Lago Riane.
Accesso
a) Da Genova si raggiunge la val d’Áveto passando per la val Fontanabuona e il Passo della Scoglina. Da Chiavari la si raggiunge scavalcando il Passo della Forcella. Giunti a Rezzoaglio si prosegue lungo la SS586 fino ad attraversare il Torrente Gràmizza su un ponte si raggiunge un bivio. Andando a destra si supera l’abitato di Caselle e ci si congiunge con la SS654 ad Allegrezze, quindi si gira a sinistra e si arriva a Santo Stefano d’Áveto.
b) Dal casello autostradale di Piacenza si imbocca la SS654 che risale la Val Nure. Si superano i paesi di Bettola e Ferriere, poi si valica il Passo del Tomarlo e si scende verso Santo Stefano d’Áveto.
c) Da Piacenza si sale a Bobbio da cui si prosegue fino a Marsaglia. Si risale la val d’Áveto fino alla deviazione a sinistra per Pievetta e Santo Stefano d’Áveto. Si parcheggia nell’ampia Piazza del Popolo (1011 m), sovrastata dalle rovine dell’antico castello Doria-Fieschi-Malaspina.
È il paese più conosciuto e frequentato della val d’Áveto, posto in un’ampia conca sovrastata dalle pareti del Maggiorasca e della Rocca del Prete e dai dirupi del Groppo Rosso. L’interesse storico del paese è rappresentato appunto dal castello Doria-Fieschi-Malaspina che sovrasta la Piazza del Popolo. «In tempi storici Santo Stefano è nominato una prima volta nel 1164, nell’atto di donazione del castello ai Malaspina da parte di Federico Barbarossa. Non è certo se ci sia stata donazione ai Malaspina di un preesistente castello, o siano stati gli stessi signori feudali a costruirlo dopo l’investitura.
«Col documento citato, comunque, Santo Stefano d’Áveto entra ufficialmente nella storia incentrata sul castello, che resta ai Malaspina fino al 1495, anno in cui passa con atto di acquisto ai Fieschi di Lavagna. Dopo il fallimento della congiura di Gian Luigi (1547), Carlo V confisca i beni della famiglia e li passa ai Doria. Così del castello di Santo Stefano, nel 1548, diventa signore Antonio Doria e alla sua famiglia resterà fino al 1797, anno della soppressione dei feudi imperiali» (Áveto, collana “Guide del Pettirosso”, pagg. 16-17).
Salita
Il percorso è stato segnalato dalla FIE con un rombo giallo pieno. Sul lato settentrionale della piazza si imbocca la strada provinciale per Torrio, ma subito la si abbandona per prendere a destra una diramazione che costeggia il castello (via Emanuele Razzetti). Passati accanto ad una stalla, si giunge ad un incrocio; si continua dritti, poi si piega a destra salendo decisamente tra terrazze e case sparse. Sbucati sulla strada per Rocca d’Áveto, la si segue verso destra in discesa per pochi metri fino ad un bivio (quota 1075). Si va a sinistra portandosi subito ad un parcheggio; qui si gira ancora a sinistra lungo una viuzza che sale tra le case di Roncolongo.
Si ritorna sulla rotabile principale presso un tornante, e la si segue in salita per un centinaio di metri; i segnavia si staccano poi sulla destra, lungo una mulattiera acciottolata che costeggia un ruscello. Ad un bivio si va a sinistra e si riattraversa la strada asfaltata. La mulattiera costeggia la rotabile per alcune decine di metri, poi piega a sinistra contornando una casa isolata. Poco dopo, sul fondo di una valletta, si trova un bivio (quota 1175). Si lascia a sinistra il segnavia “triangolo giallo vuoto“, diretto al Groppo Rosso e al Monte Roncalla, per continuare a destra lungo la mulattiera principale che risale l’avvallamento.
Contornando un gruppetto di case, si incontra un crocevia; si prosegue dritti rimontando un costoncino, quindi si ritorna sulla strada asfaltata. Si segue la rotabile per alcune decine di metri, fino ad un bivio marcato da un grosso masso di basalto (quota 1236). Trascurando le due strade asfaltate, si imbocca al centro la mulattiera segnalata; salendo dolcemente in un boschetto di abeti, si incontrano le prime case di Rocca d’Áveto.
In origine, questa località era denominata “Cascine di Tenente”, toponimo che si ritrova ancora in gran parte della cartografia ufficiale. Vi sorgevano alcune cascine, poste lungo l’importante mulattiera che collegava la Val d’Áveto all’Emilia scavalcando il Passo del Tomarlo. Le Cascine di Tenente si trasformarono in “Rocca d’Áveto” quando il paese di Santo Stefano divenne centro di villeggiatura, e con l’apertura del piccolo comprensorio sciistico del Monte Bue. Le cascine originarie sono state sostituite da alcuni gruppetti di case di villeggiatura. Da Rocca d’Áveto parte la seggiovia che, in due tronconi, porta al Prato della Cipolla e al Monte Bue.
Si attraversa la località turistica e si giunge presso un’ampio piazzale-parcheggio (quota 1286), che va lasciato in basso a destra. Si continua dritti lungo una pista sterrata che costeggia alla base una parete basaltica, quindi entra nel bosco fiancheggiando un ruscello (fonte). Dopo alcune ripide rampe a fondo acciottolato si giunge ad un bivio; si abbandona la pista, chiusa da una sbarra, e si piega decisamente a sinistra lungo un’ampia mulattiera acciottolata. La traccia sale con un tornante, passa accanto ad una fontanella e giunge ad un bivio (quota 1410), dove si lascia a sinistra il segnavia CAI 198 per il Rifugio Astass. La mulattiera prosegue tra boschetti e radure panoramiche, incrociando una pista MTB, poi varca un piccolo intaglio ed entra nella conca del Prato Lamissora (o Prato di Giovanello; 1567 m).
Si tratta di una piccola torbiera di origine glaciale di grande interesse botanico per la presenza di una cospicua popolazione di eriofori (i cosiddetti “piumini”). Nella zona nord-ovest si trova una zona più umida (circa 40-50 cm di profondità) da dove prende origine un piccolo rio.
Si lascia a sinistra il segnavia “cerchio giallo vuoto”, diretto al Lago Nero, e si costeggia il prato umido. Rientrati nel bosco, si riceve da sinistra un sentiero proveniente dal Passo della Roncalla, quindi si sbuca nell’ampio Prato della Cipolla; dove si trova l’omonimo rifugio (1576 m).
La torbiera del Prato della Cipolla è ciò che rimane di un ampio lago naturale. Il lago si sarebbe poi pian piano interrato, dividendosi in due bacini (quello della Cipolla e il vicino Lamissora), poi trasformati in torbiere. Il Prato della Cipolla riceve comunque una grande quantità d’acqua grazie a due ruscelli che scendono dal Groppo delle Ali, e che formano al centro della radura un’ampia zona palustre. A fare da sentinella all’ampia zona umida si trova il curioso roccione detto Dente della Cipolla, attrezzato come palestra di roccia.
Al Prato della Cipolla si trova la stazione d’arrivo del tratto della nuova seggiovia che parte da Rocca d’Áveto e la partenza del secondo tratto che sale fino sul Monte Bue. Il Rifugio Rossetti è stato recentemente ampliato in seguito alla ricostruzione della seggiovia tra Rocca d’Áveto e il Prato della Cipolla; è aperto solo quando è aperta la seggiovia stessa.
Lasciando a sinistra la pista con segnavia 001 che sale al Monte Bue, e a destra la diramazione con segnavia 194 che guida alla stazione della seggiovia, si prosegue dritti attraversando il prato. Giunti alla base del versante sovrastante, si imbocca la “pista rossa” da sci che, con alcune ripide rampe, guida alla Colletta (1719 m), ampia sella che divide il Monte Maggiorasca dal Monte Bue.
Qui si svolta a destra lungo una pista che entra nel bosco tagliando in piano. Con una ripida salita si esce all’aperto alla base di una balza rocciosa; tagliando in diagonale verso destra si sbuca sull’ampia sella erbosa tra le sue cime del Maggiorasca. Andando dritti si raggiunge l’anticima sud, dove si trova la statua della Madonna di Guadalupe (1792 m), mentre piegando a sinistra si sale alla cima principale del Monte Maggiorasca (1804 m; 2.30 – 2.45 ore da Santo Stefano), dove si trovano due ripetitori radiotelevisivi.
Discesa
Dalla sella tra le due cime si scende verso est lungo il sentierino segnalato con una X gialla, che si abbassa in un alpestre canalone di rocce ed erba, quindi fiancheggia la verticale parete dell’anticima sud ed entra nella faggeta. Con alcuni ripidi tratti scalinati si giunge ad un bivio (quota 1677); si lascia a sinistra la X gialla, diretta al Passo del Tomarlo, e si imbocca a destra il sentiero con segnavia CAI 196, che scende dolcemente nella faggeta fino ad un altro bivio.
Andando a sinistra e poi ancora a destra al bivio successivo si può raggiungere in una decina di minuti la panoramica sommità della Rocca del Prete (1671 m), enorme bastionata verticale che sovrasta direttamente Santo Stefano d’Áveto.
Si continua a destra, poi si lascia a sinistra il segnavia 196 che scende verso il Canale Martincano per continuare dritti (segnavia 194). Tagliando a mezza costa un ripido pendio, si supera una linea elettrica, quindi si prosegue tra i faggi fino ad incontrare l’ampia traccia della “pista rossa”, a poca distanza dal Prato della Cipolla. Si trascura il segnavia 194, che taglia dritto verso il prato, per scendere a sinistra lungo la pista rossa (segnavia 190); si perde quota nel bosco e, poco dopo, si riceve da destra una carrareccia.
Se si va a sinistra, e poi al bivio subito dopo si va a destra su mulattiera acciottolata, si giunge in poco tempo alla base dei due Campanili, arditi torrioni di roccia basaltica alti varie decine di metri. Per vederli al meglio basta piegare a sinistra nella faggeta per poche decine di metri, fino ad un panoramico roccione.
Si continua a sinistra lungo l’ampia pista sterrata che scende rapidamente, ricevendo il segnavia 196a proveniente dal Canale Martincano; si prosegue poi con alcune svolte ai piedi della grande parete della Rocca del Prete. Lasciato a sinistra il segnavia 192, diretto al Passo della Lepre, si giunge ad un importante bivio (quota 1321).
Chi avesse lasciato l’auto a Rocca d’Áveto deve andare a destra, sulla comoda strada sterrata (segnavia 192) che porta in breve al paesello.
Si continua a sinistra lungo la mulattiera con segnavia 190, che scende dolcemente tra boschetti e macchie di arbusti fino alla vicina conca del Lago Riane (1278 m).
Si tratta di una bella zona umida, posta in una conca poco incavata ai piedi della Rocca del Prete. L’area palustre si estende per 8000 mq, e di solito mantiene qualche decimetro d’acqua durante tutto l’arco dell’anno. Il nome “riane” significa “del rio” e dovrebbe fare riferimento all’immissario; al contrario, nessun ruscello alimenta il Lago Riane: l’acqua è data da una sorgente perenne che sgorga sul lato nord-est della conca, ma nelle estati più secche è troppo povera d’acqua per raggiungere il fondo della stessa.
Presso l’emissario si incontra un altro bivio. Si va a destra, tenendosi sul lato sinistro idrografico della valletta del rio, poi si segue una mulattiera acciottolata che scende decisamente nel bosco. Si ritorna quindi sul torrentello presso la Cascina la Possessione (1206 m).
Dall’altro lato della cascina, raggiungibile guadando il rio aprendo il cancelletto di legno sulla destra, arriva una sterrata. Seguendola si arriva all’azienda equestre Giovagnoli, al cui interno si trova il piccolo Lago Nistassun (1180 m circa). «Durante l’alluvione del 1993 un movimento franoso ha modificato il corso del vicino Rio Freddo [o Rio Molini]. Grazie alle acque filtrate da quest’ultimo e alle molte sorgenti della zona, anche d’estate il laghetto mantiene un modesto livello d’acqua, anche se coperta dalla folta vegetazione. Verso novembre e a marzo-aprile, cioè nei periodi più piovosi dell’anno, il Nistassun raggiunge le sue massime dimensioni» (D. Ferrando, Laghi di Liguria e dintorni, pag. 138).
I segnavia qui piegano bruscamente a sinistra, poi attraversano un rio poco a valle di una briglia che ne capta le acque. Si scende in diagonale passando accanto a cascine isolate e prati a sfalcio, quindi si lascia a destra una diramazione. Sorpassati un rudere ed una casa si sbuca sulla SP654, che collega Santo Stefano d’Áveto al Passo del Tomarlo; la si segue verso destra, attraversando un torrentello su un ponte e ricevendo la diramazione che proviene da Rocca d’Áveto. Giunti al tornante che sovrasta il paese di Santo Stefano si lascia la rotabile principale per andare dritti lungo una strada secondaria; poco dopo si gira a sinistra e, seguendo una stradina già percorsa all’andata, si contorna il castello e si ritorna a Piazza del Popolo.
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