Pignone – Monte Castellaro – Mulino Calzetta – Pignone
Caratteristiche
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 540 m circa
Tempo: 4.30 – 5.30 ore (intero anello)
Ultima ricognizione: Gennaio 2022
Il Monte Castellaro, uno dei tanti con questo nome in Val di Vara, è una modesta altura calcarea che sorge a sud-est di Pignone. Sulla vetta era presente un insediamento fortificato di epoca pre-romana. L’ambiente carsico del Castellaro è molto suggestivo: le rocce calcaree sono state modellate dall’erosione in un’infinità di forme tormentate; il muschio che le ricopre e il fitto bosco misto che vi cresce crea un paesaggio da foresta pluviale. Partendo da Pignone è possibile effettuare un breve percorso ad anello che tocca: le grotte, le doline e il “carso” del Monte Castellaro, i pochi resti del villaggio fortificato e il Mulino Calzetta, trasformato in rifugio dalla locale sezione del CAI.
Accesso
Usciti dall’autostrada Genova-Livorno al casello di Brugnato-Borghetto Vara, alla rotonda si va a sinistra per Borghetto di Vara. Si prosegue dritti lungo la SS1-Via Aurelia fino a Boccapignone, dove si svolta a destra per Memola e Pignone. Ad un bivio si gira a sinistra, si attraversa un ponte e si prosegue fino a raggiungere la SP38. Girando a destra e si è a Pignone: si trascura la deviazione che scende al paese e si parcheggia subito dopo (179 m).
Come testimonia la presenza del villaggio pre-romano sul Monte Castellaro, Pignone ha origini antichissime. La chiesa parrocchiale, costruita nel 1339, prese il posto di una pieve paleoromanica antecedente all’anno 1000. Pignone è nota per le sue specialità agricole: cipolle, patate e ben cinque varietà di fagioli.
Itinerario
Dal parcheggio si segue la strada provinciale in direzione di Monterosso fino al vicino campo sportivo. Sul lato monte della strada, presso un pannello sulla “palestra nel verde”, si imbocca una strada sterrata che sale fiancheggiando una baracca (segnavia 556). Subito dopo, presso una curva, il segnavia 556 si stacca a destra, per salire direttamente verso la Sella del Castellaro; lo si trascura e si prosegue a sinistra lungo la stradina (segnavia 556V, percorso botanico).
Seguendo il segnavia 556 a destra per pochi metri, si può visitare la Grotta Grande di Pignone (190 m). Si tratta di una delle principali cavità carsiche dello spezzino, caratterizzata da un gigantesco ingresso e da uno svilupppo di 500 metri. Nella parte iniziale la grotta è stata profondamente modificata dall’attività estrattiva dell’alabastro, in quest’area noto come “onice”. «L’estrazione delle stalattiti, delle stalagmiti e, più semplicemente, delle concrezioni che ornavano la grotta, risale agli anni Cinquanta del secolo scorso, epoca in cui era operata in maniera particolarmente intensiva (…). Oggi la grotta si presenta con un grande salone iniziale, lungo circa una cinquantina di metri. Il soffitto raggiunge nel punto più alto i venticinque metri circa di altezza e qui sono ben visibili gli interventi estrattivi protrattisi per decenni e che ne hanno fortemente mutilato, condizionato e modificato la naturalità per oltre un terzo dello sviluppo» (Le vie del carsismo, pagg. 91-95). Al di là del salone iniziale la grotta è chiusa da un cancello, ed è visitabile solo se accompagnati da speleologi esperti.
Seguendo la stradina, si passa accanto alla Grotta Seconda di Pignone (o Grotta Piccola), anch’essa utilizzata in passato per l’estrazione dell’alabastro. Dopo altri 300 metri, si abbandona la sterrata per prendere a destra un sentiero che si innalza ripido nel bosco. Dopo un tratto a mezza costa, si attraversa una dolina, quindi si entra nel “carso” del Monte Castellaro, caratterizzato da tormentate rocce coperte dal muschio. Il sentiero sale fino ad un ripiano (quota 290 circa), dove un cartello segnala il pericolo di “sparo mine” dovuto alla vicinanza di una cava. Si piega a destra e si aggira a nord il rilievo del Castellaro, facendosi strada tra le rocce con saliscendi un po’ contorti. Si attraversa un ripiano, quindi si scende sul fondo della dolina delle Ciane Scûe (275 m, attrezzi ginnici), dove si trova un bivio.
Volendo chiudere l’anello, si può scendere a destra lungo il sentiero 556, che riporta a Pignone in circa 20 minuti: dapprima si percorre un valloncello caratterizzato da alcune doline
Si gira a sinistra e si guadagna la Sella del Castellaro (291 m), dove il sentiero si biforca di nuovo: girando a sinistra, si sale tra fitti lecci e rocce affioranti fino alla vetta del Monte Castellaro (332 m), costituita da un lastrone roccioso.
Dal lastrone sommitale del Monte Castellaro si ha un piccolo scorcio panoramico su Corvara e sul Monte Malpertuso.
Dalla vetta, i segnavia scendono in breve ad un suggestivo spiazzo boscoso circondato da roccioni, dove si trovano i pochi resti del villaggio preromano (pannello esplicativo; 0.45 – 1 ora da Pignone).
Gli scavi archeologici, svolti in vari siti intorno alla sommità del monte (tra cui lo spiazzo in cui ci troviamo) hanno ricostruito una frequentazione che parte dall’Età del Bronzo Recente, poi sembra fermarsi intorno al I secolo a.C., all’epoca della fondazione della città romana di Luna (l’attuale Luni). Nel basso Medioevo, contemporaneamente al periodo di maggiore gloria del vicino castello feudale di Corvara, il Castellaro riprende ad essere frequentato in pianta stabile. Ancora più recenti sono i terrazzamenti concentrici che si vedono intorno alla sommità del monte, probabilmente risalenti al XVI secolo. I reperti ritrovati al Castellaro sono in gran parte custoditi al Museo Archeologico di La Spezia.
Tornati alla Sella del Castellaro, si va dritti (segnavia 556), per risalire lo spartiacque tra il Torrente Pignone e il Canale di Trezzo. Il sentiero sale nei pressi del crinale, ora su un versante, ora sull’altro, alternando ripide salite a tratti quasi pianeggianti, poi traversa sul versante di Pignone e giunge ad un bivio (quota 423). Si lascia a sinistra il sentiero per il Prato della Corvara e si prosegue dritti seguendo il segnavia 559. Si effettua un tornante verso destra, poi si scende per la massima pendenza in un bosco misto assai degradato (vegetazione invadente). Passati sotto ad una linea elettrica, si volge a destra e, attraversato un avvallamento, si giunge al rudere di un seccatoio. Il sentiero fiancheggia un muretto ed un beudo, e porta in breve al Rifugio Mulino Calzetta (210 m, 0.55 – 1.15 ore dal Monte Castellaro).
L’antico mulino è stato donato al Parco Naturale di Montemarcello-Magra, che lo ha trasformato in rifugio e inaugurato nel 2009. Per usufruirne, bisogna contattare il CAI di La Spezia. Il ponticello d’accesso al rifugio è stato realizzato con una macina in pietra.
Si scende brevemente, passando accanto al rudere del Mulino Duce, poi si attraversa il Torrente Pignone su un suggestivo ponte in pietra.
Si tratta di un ponte settecentesco a doppio livello: il passaggio pedonale è sovrastato dal canale di un acquedotto. Distrutto dall’alluvione del 2011, il ponte è stato poi ricostruito rispettando l’architettura originaria.
Con una breve salita si sbuca sulla strada provinciale che, verso destra, riporta velocemente a Pignone (10 – 15 minuti dal Mulino Calzetta).
Subito oltre il ponte sul Torrente Pignone, poco prima del campo sportivo, si nota sulla destra il rudere di una vecchia fornace. Risalendo il torrente per alcune decine di metri e poi girando a sinistra (percorso scomodo) si può raggiungere l’imponente ingresso della Grotta della Fornace. Come le altre grotte di Pignone, anch’essa venne utilizzata in passato per l’estrazione dell’alabastro, che ne ha modificato la morfologia.
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