Lévanto – Monte Vè – Semaforo del Mesco – Lévanto

Caratteristiche

Difficoltà: E
Dislivello in salita: 680 m circa
Tempo: 3.45 – 4.45 ore (intero anello)
Ultima ricognizione: Gennaio 2019

Stupendo percorso ad anello, che in parte ricalca il noto e frequentatissimo tratto di Sentiero Verdeazzurro tra Monterosso e Lévanto; a questo viene unita la poco frequentata salita al Monte Vè, la cima più alta del Promontorio del Mesco. Meta dell’itinerario è il Semaforo del Mesco, posto sul punto più sporgente sul mare del promontorio omonimo. Tutto l’itinerario, specialmente il percorso di ritorno, offre impareggiabili vedute a picco sul mare.

Accesso

a) In treno fino alla stazione ferroviaria di Lévanto, da cui ci si porta a piedi fino al lungomare.
b) In automobile, si esce dal casello autostradale di Carròdano e si seguono le indicazioni per Lévanto, superando una galleria e la successiva discesa al paese. I parcheggi si trovano sul lungomare (a pagamento).

Itinerario

Dai parcheggi, posti sul lungomare ricavato dall’ex-ferrovia, si scende una scaletta e, passati sotto all’ex-ferrovia stessa, ci si porta presso il casinò municipale. Da qui si prosegue sul lungomare verso levante fino a notare sulla sinistra un piccolo portico con segnavia bianco-rossi. Seguendo le indicazioni per Monterosso (Sentiero Verdeazzurro) si imbocca una scalinata, che sale fino al castello.

L’esistenza di un’opera difensiva a Levanto è documentata fin dal 1165, anche se il castello in quanto tale (denominato “Castello di Monale”) viene citato solo a partire dal XIII secolo. L’edificio attuale è un rifacimento, risalente alla dominazione della Repubblica di Genova (seconda metà del XVI secolo).

Si imbocca a destra un’ampia mulattiera, che passa accanto a Villa Massola (dove Guglielmo Marconi compì i primi esperimenti di trasmissioni a onde corte, tra il 1930 e il 1931). Si gira a destra, salendo lungo la bella mulattiera acciottolata che passa accanto ad un agriturismo. Giunti ad un bivio si sale a sinistra, con un tratto più ripido tra bosco e casette isolate; si giunge quindi su una stradina asfaltata (quota 164). Si abbandona il Sentiero Verdeazzurro, che si seguirà al ritorno, e si segue la stradina verso sinistra in discesa (segnavia CAI 571). Dopo quasi duecento metri si abbandona la strada principale per imboccare a destra una diramazione, indicata da un cartello escursionistico; la stradina passa attraverso un cancello sempre aperto e si biforca subito prima di alcune case.
Si sale a destra su una stretta rotabile cementata, che procede nel bosco con vari tornanti; in questo tratto non ci sono segnavia, ma basta seguire la strada principale, trascurando le diramazioni che conducono ad alcune villette isolate. Si giunge quindi ad un bivio presso un muro dove, sulla destra, si nota uno sbiadito segnavia (quota 265). Qui si gira a destra e si giunge subito ad un altro bivio. Si continua a destra in piano su una carrareccia, che taglia alla base di alcune fasce terrazzate. Girando poi a sinistra, si passa accanto ad una costruzione in lamiera e ad un cancello, poi si sale con altri tornanti.
La pista sbuca infine su un ripianetto dove, tra pini e macchia mediterranea, si trova un orto (quota 308). Si costeggia l’orto sulla sinistra, quindi si imbocca a destra un sentiero che si porta sul contrafforte nord-ovest del Monte Vè. Procedendo tra arbusti e pini diradati dagli incendi si percorre il crinale, che alterna tratti pianeggianti a brevi ma ripide salite. Ad un certo punto il sentiero piega a sinistra, tagliando a mezza costa fino al costone nord-est della montagna. Lasciando a sinistra una diramazione che scende verso la Colla dei Bàgari, si gira a destra e si supera l’ultima salita per il Monte Vè (o Monte Focone; 488 m; 1.20 –1.40 ore da Lévanto).

​Il sentiero segnalato scende ripidamente lungo il crinale opposto, con alcuni tratti su fondo roccioso, quindi confluisce nell’ampia traccia proveniente dalla Colla dei Bàgari. Proseguendo sempre in direzione sud-est lungo il crinale (segnavia 591), si scende dolcemente fino ad una sella, poi si effettua un breve saliscendi per superare un dosso. Si giunge quindi ad un importante crocevia (quota 325), dove si ritrova il Sentiero Verdeazzurro, proveniente da Lévanto, che poi andrà seguito in discesa. Proseguendo dritti nella macchia, si passa accanto ad una torretta e si scende in breve ad un altro bivio. Si lascia a sinistra la mulattiera per Monterosso e, in pochi minuti, si giunge ai ruderi dell’Eremo di Sant’Antonio. Subito oltre si trovano gli edifici semidiroccati del Semaforo del Mesco (312 m).

L’Eremo di Sant’Antonio fu costruito dai frati agostiniani nel secolo XI. Il complesso era costituito da una chiesa, poi ricostruita nel 1400, e dagli edifici del convento, oggi ridotti a pochi ruderi interrati. Oltre che luogo di meditazione e di preghiera, il convento era anche posizione di vedetta privilegiata. È documentato che in alcuni periodi la comunità di Monterosso pagava ai frati un salario perchè segnalassero eventuali avvistamenti di pirati al largo. Nel 1610 i frati agostiniani si trasferirono in un nuovo edificio a Lévanto, e pian piano l’antico eremo perse importanza. Venne definitivamente abbandonato nel corso del secolo successivo.
Accanto agli edifici del convento, a fine Ottocento venne costruita la stazione militare del Semaforo (tra l’altro venne utilizzato materiale ottenuto smantellando l’adiacente eremo…). Durante la Seconda Guerra Mondiale il Semaforo venne trasformato in una postazione contraerea, per poi venire abbandonato. Oggi la struttura è in stato di degrado e rovina.
Oltre il semaforo, un breve sentiero conduce alla prominenza più estrema del contrafforte di Punta Mesco, che da lì precipita in mare con arditi contrafforti rocciosi. Si tratta di un punto panoramico straordinario su tutta la Riviera Ligure. Se si è fortunati, all’orizzonte si possono scorgere le Alpi Liguri, Marittime e Cozie, le isole dell’arcipelago toscano e la Corsica.

Si ritorna indietro al crocevia di quota 325 e si imbocca a sinistra (ovest) il Sentiero Verdeazzurro in direzione di Lévanto. L’ampio sentiero, spesso dal fondo roccioso, scende in diagonale tra macchia e radi pini, passando accanto al Podere Lovara (244 m) e subito dopo alla caratteristica palazzina detta Casa Nuova. Attraversati alcuni valloncelli percorsi da minuscoli rii, si continua con brevi saliscendi doppiando un piccolo contrafforte. Alcuni tratti in salita su una bella mulattiera acciottolata portano al passaggio della Rocca Spaccata: un lungo traversone tra roccioni e boschetti, a picco sul mare, che offre spettacolari viste sulla costa sottostante e verso ponente.

Sulla costa, che si trova sotto ai nostri piedi 250 metri più in basso, si individua la massiccia sagoma dello Scoglio Nero, accanto a cui si trova l’unico spiaggione (di ciottoli e massi) della costa tra Lévanto e Monterosso.

La mulattiera, ora scalinata, scende quindi con alcune svolte in un bel bosco di lecci e attraversa un avvallamento in cui si trova un tavolo con panche in legno. Usciti dal bosco, si procede tra fasce terrazzate superando le Case San Carlo (177 m), quindi si taglia con brevi saliscendi fino ad un bivio. Lasciata a destra una diramazione che sale alla sovrastante strada asfaltata, si continua dritti in piano e poi con una breve discesa scalinata attraverso il nucleo delle Case Giglio. Una breve risalita, accanto all’hotel “la Giada del Mesco”, porta su una stradina asfaltata, che si segue in discesa verso nord-ovest. In pochi minuti si giunge al bivio tra il Sentiero Verdeazzurro e il sentiero 571 (quota 164). Qui si svolta a sinistra lungo la mulattiera già percorsa all’andata che riporta in breve a Lévanto.

Lungo il contrafforte verso la cima di Monte Vè (13 gennaio 2019)
Panorama dal Monte Vè verso ponente (13 gennaio 2019)
Panorama verso le Cinque Terre dai pressi del Semaforo del Mesco (13 gennaio 2019)
Le rovine dell’Eremo di Sant’Antonio (13 gennaio 2019)
Vista a picco sul mare dal traversone della Rocca Spaccata (13 gennaio 2019)

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