Castello di Carpineti – Monte San Vitale – Passo del Vò – Monte Valestra
Caratteristiche
Difficoltà: E
Dislivello in salita: Variante “a”: 380 m circa; Variante “b”: 300 m circa
Dislivello in discesa: Variante “a”: 200 m circa; Variante “b”: 120 m circa
Tempo: Variante “a”: 1.45 – 2 ore; Variante “b”: 1.20-1.35 ore
Ultima ricognizione: Marzo 2025
Itinerario vario e suggestivo, che percorre il crinale tra il Castello di Carpineti e il Monte Valestra. La prima parte del percorso si svolge tra curiose rocce arenacee modellate in strane forme dall’erosione. Superato il Monte San Vitale, il crinale diventa più boscoso, anche se non mancano alcune curiosità: i dirupi calcarenitici del Monte Valestra, i suoi piccoli oratori e le sue grotte. Il Monte San Vitale può essere sia scavalcato, seguendo il sentiero di crinale, sia comodamente aggirato per piste nel folto bosco.
Accesso
a) Usciti dall’autostrada a Modena Nord, si segue la superstrada per Sassuolo. Giunti al suo termine, alla rotonda, si gira a destra lungo la SP467 in direzione di Reggio Emilia. Si supera il ponte sul Fiume Secchia, quindi si svolta a sinistra lungo la strada per il Passo delle Radici, che ne risale la valle. A Ponte Secchia si devia a destra in direzione di Castelnovo ne’ Monti. Arrivati a Colombaia si svolta ancora a destra, salendo a Savognatica, e poi ancora a destra al Castello di Carpineti.
b) Da Reggio Emilia ci si porta a Scandiano, da cui si imbocca la SP7 che risale la valle del Torrente Tresinaro. Giunti a Cigarello si sale a sinistra per Carpineti, da cui, ancora a sinistra e poi a destra, si raggiunge il parcheggio sotto al Castello di Carpineti (754 m).
N.B. Attualmente (marzo 2025) la strada che sale da Carpineti al castello è chiusa per Frana. È possibile seguire il sentiero pedonale, che porta al castello in 40-45 minuti. Altrimenti, anche per chi viene da Reggio Emilia, conviene andare fino a Modena e seguire l’opzione “a”.
Prima di intraprendere l’escursione, è consigliabile visitare il Castello di Carpineti (o delle Carpinete; 804 m), raggiungibile con una deviazione di 5-10 minuti sul lato occidentale del valico. Il castello, diroccato ma ancora imponente, sorge sul Monte Antognano, un poggio del crinale che collega il Monte Fósola al Monte San Vitale. La sua costruzione, risalente probabilmente al IX secolo, è ascritta ad Atto Adalberto di Canossa, bisnonno della più nota contessa Matilde.
Gli avvenimenti più importanti riguardanti il castello avvennero sotto il dominio di Matilde, che lo elesse a sua dimora prediletta. Nel 1077 vi si recò papa Gregorio VII, dopo il famoso evento dell’umiliazione di Enrico IV a Canossa. Negli anni successivi, da Carpineti Matilde promulgò diversi atti di governo, e il castello fu sede di importanti avvenimenti, tra cui alcune assemblee con altri potenti locali. Dal 1115, anno della morte di Matilde, il castello cambiò più volte proprietà, perdendo gradualmente importanza. Nel XVIII secolo era ormai in rovina, situazione aggravata anni più tardi, durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa di un incendio provocato da un’offensiva nazifascista. Negli anni ’90 il castello è stato restaurato parzialmente; oggi i vialetti esterni, tra i ruderi, sono liberamente visitabili, ma vi si svolgono anche visite guidate (https://www.castellodicarpineti.it/).
Accanto all’ingresso nelle mura del castello si trova la graziosa Chiesa di Sant’Andrea, in stile romanico, consacrata nel 1117. Nei pressi si trova anche un ristorante.
Itinerario
Il percorso ha inizio dal parcheggio, sul lato opposto rispetto alla viuzza che porta al castello. Qui si imbocca una ripida rampa cementata al cui termine si prosegue dritti su una sterrata quasi pianeggiante (segnavia CAI 618 e Sentiero Spallanzani). Si taglia sul lato meridionale del contrafforte, poi si giunge ad una selletta dove si trova un bivio. Qui si hanno due possibilità.
Variante “a”
Si abbandona la sterrata per imboccare a destra il Sentiero Spallanzani (SSP), che segue il crinale. Si procede a saliscendi tra alberelli e caratteristici affioramenti di arenarie “mammellonate”, modellate dall’erosione in sagome assai curiose. Il panorama si apre sull’alta valle del Secchia, fino al crinale Tosco-Emiliano. Un tratto in salita decisa porta ad una selletta da cui, con breve deviazione a destra, si può salire ad una piccola cima panoramica caratterizzata da rocce irregolari. Il SSP prosegue a sinistra, superando un brevissimo tratto scomodo con cavo corrimano, poi sale tra bosco e rocce affioranti fino ad un poggio sormontato da una costruzione (815 m).
Da qui la cresta diventa più boscosa e meno tormentata. Si effettua una breve discesa, quindi si lascia a sinistra una diramazione. Il sentiero taglia brevemente sul versante meridionale per contornare un dosso, poi si inerpica nel bosco con numerosi gradini in legno. La ripida salita porta alla panoramica radura sommitale del Monte San Vitale (863 m), dove si trovano: una croce in legno ed un tavolino con panche.
Il SSP continua lungo la cresta, con brevi saliscendi. Poco più avanti, una brevissima deviazione a destra (cartello in legno) porta al Pulpito della Pandisa, un lastrone panoramico affacciato su una parete a strapiombo. Ricevuto da destra il segnavia 618x-var, si attraversa un boschetto e si sbuca sui prati dove sorge la Pieve di San Vitale (834 m).
La Pieve di San Vitale sorgeva nell’ampia sella erbosa tra le due cime del Monte San Vitale. La sua origine è probabilmente altomedievale, forse legata all’arrivo dei Bizantini, che tra il VII e il IX secolo costruirono in zona il Castrum Verabolum. La pieve venne poi ristrutturata a partire dal 1105 per volere della contessa Matilde di Canossa; i lavori terminarono solo nel 1145, dopo la morte della contessa. Il declino della pieve iniziò nel XVII secolo, risultando nella completa rovina della chiesa. Ad oggi la struttura si trova in uno stato un po’ strano: per metà è stata restaurata, per metà invece ne rimangono pochi muretti diroccati. Diverso è stato il destino dell’antistante canonica, che divenne prima palazzo signorile, mentre oggi è sede di un ostello che, dalla primavera all’autunno, accoglie turisti ed escursionisti.
Girando a sinistra, si imbocca la strada sterrata che guida al sottostante parcheggio. Da qui si prosegue su asfalto, con alcuni tratti assai ripidi nel bosco. Giunti su un costone (quota 735), si riceve da sinistra la carrareccia con segnavia 618, percorsa dalla variante “b”.
Variante “B”
Si prosegue a sinistra lungo la carrareccia, marcata dal segnavia 618, che attraversa lo spartiacque e passa sul versante nord. Scendendo dolcemente nel bosco lungo il tracciato di un metanodotto, si raggiunge una costruzione bianca. Qui si piega a destra a mezza costa, contornando a nord il Monte San Vitale. Attraversato un piccolo lembo di castagneto da frutto ancora mantenuto, la pista prosegue lungamente con dolci saliscendi. Ad un bivio, si lascia a sinistra una diramazione che scende verso Pianzano. La pista sale fino ad un costone, piega a destra e raggiunge la strada asfaltata che collega il Passo del Vò alla Pieve di San Vitale (quota 735). Qui ci si riunisce con la variante “a”.
Percorso in comune
Scendendo ancora lungo la stradina asfaltata (segnavia 618), si raggiunge una marcata sella (714 m), dove si confluisce in una strada più larga. La si segue verso sinistra, aggirando due dossi sul versante nord; con percorso quasi pianeggiante, si raggiunge il Passo del Vò (705 m), dove la strada si biforca.
La marcata depressione sul crinale tra il Monte San Vitale e il Monte Valestra è costituita da tre sellette separate da piccoli dossi. Il Passo del Vò è la sella più orientale, dove si incontrano le stradine asfaltate provenienti da Valestra, Santa Caterina e Carpineti.
Si continua a destra, lungo la strada per Valestra, che sale dolcemente sul versante meridionale del contrafforte. Passati sotto ad una parete rocciosa, si abbandona l’asfalto (paline) per imboccare a sinistra un sentierino che sale in breve ad un intaglio (quota 727). Si gira a destra lungo un sentiero che si innalza in diagonale sul versante settentrionale del contrafforte, offrendo qualche scorcio sulla valle del Torrente Tresinaro e sul Monte Duro. Ci si congiunge poi con la strada sterrata proveniente dal vicino Passo della Regina, e la si segue verso sinistra: dopo un tratto in salita, si aggirano alcuni dossi sul versante nord, tra cui quello dove sorge l’Oratorio di San Michele.
L’Oratorio di San Michele (804 m), raggiungibile con una breve deviazione a sinistra, sorge su un piccolo dosso. Risale al XII secolo, ed è stato restaurato nel 1999. Accanto, si trovano tavoli e panche per il picnic. La prima domenica d’agosto vi si celebra una festa con messa in onore di San Michele.
Circa 200 metri a ovest dell’oratorio, nei pressi del crinale, si trova un importante sito archeologico, in cui sono stati ritrovati i resti di un villaggio preromano. Questo villaggio potrebbe corrispondere con la località che i Romani chiamavano mons Balista, da cui deriverebbe anche il toponimo del Monte Valestra. Nei pressi del sito archeologico si trovano gli ingressi di tre grotte: la Grotta di San Michele, la Grotta delle Stalattiti e la Grotta Fernando Malavolti. Essendo a sviluppo prevalentemente verticale, con pozzi e strettoie, la visita di queste grotte è riservata a speleologi esperti.
Giunti ad un bivio, si va a destra in salita. In breve si giunge ad un altro bivio, dove si abbandona la traccia principale per salire a destra lungo il sentiero che rimonta il costone. Si procede tra rocce ed alberelli nei pressi del filo di cresta, sul ciglio delle balze rocciose che caratterizzano il versante meridionale. Una breve deviazione a destra, indicata da un cartello, conduce ad un aereo punto panoramico sul paese di Valestra. In breve, si raggiunge il dosso su cui sorge l’Oratorio di Santa Maria Maddalena (926 m).
L’oratorio risale al XVII secolo; tuttavia, fu edificato sui resti di un precedente romitorio di cui si hanno notizie fin dal Trecento.
In breve si scende ad una selletta boscosa; sulla sinistra, sul fondo di una depressione, si apre il curioso Buco del Diavolo (detto anche Grotta della Mano d’Oro, o Grotta di Santa Maria Maddalena).
La grotta si apre a destra del sentiero, sul fondo di una piccola conca assai umida circondata da una recinzione. Si può scendere fino all’ingresso della grotta, ma la visita all’interno è riservata a speleologi esperti. La grotta è di origine tettonica: si sviluppa lungo grandi fratture dell’ammasso roccioso, ed è quasi priva di fenomeni carsici in senso stretto.
Secondo la leggenda, vi si nasconderebbe un inestimabile tesoro, qui lasciato dal brigante Balista in tempi lontani. Questa leggenda si intreccia ad un’altra storia popolare, che racconterebbe l’origine della ricca famiglia dei Manodori. Infatti, una mano d’oro, appartenente al tesoro del brigante, fu ritrovata da un carbonaio che si rifugiò nella grotta. Tornato a valle, il carbonaio condivise la scoperta con i suoi fratelli; insieme decisero di venderla, guadagnando grande ricchezza, e da lì in poi si fecero chiamare Manodori in onore al ritrovamento.
Continuando in salita lungo il crinale, si giunge in breve ad un bivio. Si abbandona la traccia principale per proseguire a destra in salita. Seguendo il costone boscoso, si guadagna la cima del Monte Valestra (935 m), sormontata da una grande croce metallica.








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