Capenardo – Campoveneroso – Case Teitin – Monte Bano

Caratteristiche

Difficoltà: E fino alle Case Teitin, poi EE
Dislivello in salita: 550 m circa
Dislivello in discesa: 250 m circa
Tempo: 2.15 – 2.45 ore
Ultima ricognizione: Febbraio 2016

Bellissima traversata di crinale, tra boschi, tratti panoramici e antichi paesi abbandonati. Questo percorso era stato segnalato dalla FIE, ma poi era stato abbandonato per decenni, fino a diventare praticamente impercorribile. Solo recentemente è stato ripulito e risegnalato dagli appassionati del forum di Quotazero. Le uniche difficoltà del percorso sono rappresentate da piccole frane nei dintorni di Campoveneroso e dalla salita finale al Monte Bano, che è particolarmente ripida e impervia.

Accesso: a) A piedi da Prato.
b) A piedi da Davagna, seguendo il segnavia “due linee rosse”.
c) In automobile, dal casello di Genova Est si imbocca la SS45 in direzione di Piacenza. Usciti da Genova, si arriva in breve a Cavassolo, dove si svolta a sinistra seguendo le indicazioni per Davagna e Capenardo. Dopo alcuni tornanti, si svolta ancora a sinistra, seguendo la tortuosa rotabile che sale a Capenardo (746 m).

Il paese si trova nell’ampia sella tra il Monte Candelozzo e il Monte Prati di Capenardo, in ottima posizione panoramica. Nel centro del paese si trova un’osteria, posto tappa dell’Alta Via dei Monti Liguri.

Itinerario

Dal parcheggio, posto all’estremità meridionale del centro abitato, ci si porta in breve tra le case del piccolo paese. Si prosegue quindi su un viottolo che sale verso nord-nord-est (segnavia: quadrato rosso pieno, due linee rosse e cerchio rosso barrato), costeggiando le ultime villette. Superata una recinzione del pascolo, il sentiero sale lungo un panoramico crinale con alcuni tratti ripidi; il versante orientale è ampio ed erboso, mentre il lato opposto è coperto dal bosco. Percorso un tratto di cresta orizzontale, si giunge ad una selletta ai piedi di un pannello ripetitore (quota 830 circa); qui si lascia a sinistra il segnavia “cerchio rosso barrato”, che si raccorda all’Alta Via dei Monti Liguri, per proseguire a destra, aggirando il Monte Bastia di Struppa sul versante orientale.
Presso la selletta successiva (quota 868) si tocca un tornante della strada sterrata che collega Capenardo a Noci: si abbandona allora il sentiero segnalato, diretto al Monte Candelozzo, per piegare a destra e seguire la stradina. La rotabile taglia l’aperto versante orientale della montagna fino ad una selletta sullo spartiacque principale (982 m), dove transita l’Alta Via dei Monti Liguri. Trascurandola, si continua dritti lungo la stradina, che inizia a scendere sul lato della Val Noci; qui compare il segnavia “quadrato giallo pieno”, che andrà seguito fino alla vetta del Monte bano. La stradetta piega poi verso nord-ovest, contornando le pendici della Costa Carmaiola e offrendo belle viste sulla Val Noci e sui monti circostanti. Dopo circa 2 km dalla selletta, i segnavia abbandonano la rotabile, ma attualmente (settembre 2024) l’imbocco di questa traccia è completamente sbarrato dai rovi. Conviene allora scendere lungo la sterrata per altri 200 metri, fino ad incrociare il segnavia “X gialla”. Qui si presentano due possibilità:

a) Seguendo il segnavia “X gialla”, si sale a destra la balzetta di roccia formata dal taglio stradale, quindi si sale lungo una costola boscosa, fino a ritrovare la traccia pianeggiante segnalata dal quadrato giallo pieno. Tagliando verso sinistra in piano, si raggiunge una selletta (892 m) sul crinale detto Costa dei Fo. Lasciata a destra la X gialla, diretta a Morasco, si prosegue a sinistra seguendo il quadrato giallo, che percorre il crinale a saliscendi. In breve si giunge ad una seconda selletta dove si trova un altro bivio.

Una variante, segnalata con tre pallini gialli, segue fedelmente il crinale scavalcando il boscoso Monte Caricato (953 m). Presso la selletta successiva, il percorso si ricongiunge al quadrato giallo.

Seguendo il quadrato giallo, si gira a destra, tagliando in discesa il ripidissimo e boscoso versante est del Monte Caricato. Oltrepassato un cancello, si supera un breve tratto franato, poi si attraversano alcune radure con vegetazione un po’ invadente. Con una breve risalita si giunge ad una selletta nei pressi del paese abbandonato di Campoveneroso (o Camponevoso; quota 854). Si lascia a destra la diramazione che conduce alle case del paese e, subito dopo, si incontra la mulattiera segnalata con tre pallini gialli, proveniente da Bromia.

Il paese rimane leggermente in basso a destra, non visibile dal sentiero perché coperto da boscaglie e arbusti. Abbandonato dopo la Seconda Guerra Mondiale, il paese conta di una quarantina di costruzioni, oggi completamente diroccate, ed era abitato da circa venticinque famiglie. Durante la guerra fu rifugio dei partigiani, a causa della sua posizione isolata e della difficoltà di raggiungerlo.
Una questione irrisolta riguarda il toponimo: in dialetto era noto come Campegnoso (la “o” pronunciata come “u”). Già nell’800, nelle opere del Casalis e del Capitano Luigi De Bartolomeis, lo si ritrova citato come “Campoveneroso”. Questa forma sarebbe derivante dal cognome Veneroso, forse diffuso in zona. Secondo altri, invece, “Campoveneroso” sarebbe una storpiatura di “Campo Nevoso”.

Si prosegue dritti, percorrendo in lieve salita un ripido versante alberato. Si supera un cancelletto, quindi si contornano alcuni brevi tratti franati. Giunti nei pressi del crinale si incontra una mulattiera più marcata, proveniente dal paese di Noci.

b) Si trascura il quadrato giallo e si continua lungo la strada sterrata, che scende effettuando un semicerchio sul versante meridionale del Monte Caricato. In breve si raggiunge un tornante, subito sopra al paese di Noci (808 m).

Il paese semi-abbandonato di Noci, raggiungibile in pochi minuti seguendo ancora la sterrata, è il più grande della vallata omonima, oltre che uno dei più isolati e distanti dall’attuale civiltà. Durante la Resistenza, dopo i rastrellamenti dei tedeschi nel 1944, vi fu stabilito il quartier generale della Brigata Volante Severino, parte della Divisione Cichero.

Presso il tornante si abbandona la stradina e si imbocca a destra una mulattiera, indicata dai segnavia bianco-rossi del “Sentiero Giorgio Governa”. Si sale in diagonale, attraversando il versante sud-ovest del Monte Caricato, quindi si piega a sinistra e si guadagna una selletta sullo spartiacque tra Val Noci e Valle Scrivia (quota 910 circa). Qui si incontra il segnavia “tre punti gialli” proveniente dalla vetta del Monte Caricato e, subito oltre, ci si ricongiunge con il percorso del quadrato giallo (variante “a”).

Si prosegue dritti lungo la mulattiera in direzione nord-ovest, superando un elettrodotto e passando accanto ad un rudere. Contornato il Monte Tacche, il sentiero si riporta sul crinale presso le diroccate Case Teitin (913 m).

Pochi metri prima di giungere alle Case Teitin, si nota sulla destra l’imbocco del Sentiero della Resistenza, indicato con tre pallini gialli e diretto a Montoggio.

A destra della prima casa si trova l’imbocco di un buon sentiero, che sale per alcune decine di metri tenendosi nei pressi del crinale, poi si sposta sul versante sud. Attraversato un boschetto, circa 300 metri dopo le Case Teitin, s’incontra un bivio poco evidente dove si presentano nuovamente due possibilità:

a) Seguendo il segnavia “quadrato giallo pieno” si continua dritti lungo il sentiero principale, che taglia tra boschetti e radure il versante sud dell’anticima del Monte Bano. Dopo alcune centinaia di metri, in corrispondenza di un piccolo costone, bisogna abbandonare la mulattiera per deviare a destra su un esile sentierino (bivio poco evidente, prestare molta attenzione ai segnavia).

La mulattiera principale, indicata da segnavia bianco-rossi, prosegue alla volta delle vicine Case Brugosecco. Se si raggiungono le case, vuol dire che il bivio non è stato individuato: in questo caso bisogna tornare indietro un centinaio di metri, fino al piccolo costone dove il quadrato giallo devia verso il Monte Bano.

Seguendo attentamente i segnali, dipinti su picchetti in legno o su alberelli, ci s’inerpica per ripidissime chine erbose e vecchie terrazze abbandonate; in basso, tra gli alberi, si notano i tetti delle Case Brugosecco. Passati accanto ad una targa dedicata a Pietro Pendola, i segnavia guidano alla sella boscosa posta tra le due cime del Monte Bano (quota 990 circa).

b) Volgendo a destra di quasi 180 gradi, s’imbocca un vecchio sentiero non segnalato, che s’innalza con un tornante per raggiungere il soprastante crinale. Si segue la cresta tra erba, arbusti e alberelli in dolce salita per circa duecento metri; quando il crinale s’impenna verso l’anticima del Monte Bano, si effettua una poco evidente svolta a destra, entrando nel bosco. Attraversata una macchia di felci, il sentiero ritorna più marcato, e taglia in piano tra gli alberi fino a raggiungere il contrafforte nord dell’anticima del Monte Bano. Piegando a sinistra si taglia il versante settentrionale dell’anticima con brevi saliscendi. Quando il sentiero sembra perdersi, si sale per pochi metri verso sinistra e si sbuca sulla sella che separa le due cime del Monte Bano. Qui si ritrova il sentiero segnalato, percorso dalla variante “a”.

Proseguendo verso occidente, si risale una rampa ripidissima e si esce dal bosco. Si rimonta quindi l’ultimo tratto di crinale tra erba e roccette, e in breve si sbuca sulla vetta del Monte Bano (1035 m).

Sulla Costa dei Fo
Sulla Costa dei Fo (5 febbraio 2016)
Il paese semidiroccato di Noci
Il paese semidiroccato di Noci (5 febbraio 2016)
I ruderi delle Case Teitin e la cima del Monte Bano
I ruderi delle Case Teitin e la cima del Monte Bano (5 febbraio 2016)
La cresta verso la cima del Monte Bano
La cresta verso la vetta del Monte Bano (5 febbraio 2016)
Panorama verso est dal Monte Bano
Panorama verso est dal Monte Bano (5 febbraio 2016)

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