MONTE VETTORE – 2477 m
Settore: Appennino Umbro-Marchigiano
Gruppo: Monti Sibillini
Descrizione
Il Monte Vettore (2477 m) è la cima più elevata delle Marche, dei Monti Sibillini e anche dell’intero Appennino Umbro-Marchigiano. Non sorge sullo spartiacque principale della catena montuosa, ma su una diramazione che si spinge sul versante adriatico: l’imponente costolone si spinge verso nord, delimitando l’appartato vallone glaciale dove giace il Lago di Pilato, poi si abbassa repentinamente e vira verso est, diramandosi nei numerosi contrafforti che separano la valle del Fiume Aso dalla valle del Fiume Tronto.
La vetta della montagna, separata dal crinale della Cima del Redentore per mezzo dell’ampia Sella delle Ciàule, si presenta come un cupolone in gran parte detritico. Il versante occidentale è molto angusto e appartato, in parte erboso, in parte roccioso, e sovrasta la conca del Lago di Pilato; il versante opposto è invece imponente e maestoso: un’enorme bastionata di erba e rocce che copre un dislivello di quasi 1500 metri, sovrastando le varie frazioni di Montegallo e di Arquata del Tronto. Per questo motivo, se dal versante marchigiano il Vettore appare gigantesco e selvaggio, dal lato umbro praticamente non si vede, coperto dall’allungata muraglia della Cima del Redentore.
Sulla vetta si trova una croce metallica stranamente piegata; poco più in basso sorge un’altra croce in legno. Il Monte Vettore, essendo la cima più elevata nel raggio di uno sproposito di chilometri (per trovare qualcosa di più alto a sud bisogna arrivare al Gran Sasso, a nord alle Alpi, a est e a ovest non c’è niente fino al mare), offre un panorama vastissimo e straordinario, su gran parte dell’Italia centrale. Verso est si ammira il susseguirsi di crinali che digradano verso il Mare Adriatico – visibile nelle giornate limpide – con la massiccia mole della Montagna dei Fiori che si eleva poco sulla destra. Verso meridione si innalza subito il massiccio crinale arenaceo dei Monti della Laga, che si vede d’infilata, dietro al quale sbuca la bastionata del Gran Sasso, con il Corno Grande in bell’evidenza.
A sud-ovest, dietro agli ultimi arrotondati crinali dell’Appennino Umbro-Marchigiano, sbucano lontanissimi i massicci del Monte Velino e del Monte Terminillo; a ovest e a nord si ha una spettacolare vista ravvicinata di tutta la catena dei Sibillini, dalla Cima del Lago al Monte Priora e oltre. Tuttavia solo la Cima del Redentore copre parte dell’orizzonte: dietro alle altre vette sbucano gli altri crinali dell’Appennino Umbro-Marchigiano e le colline dell’Umbria centrale.
Nei pressi della vetta del Monte Vettore e sul piccolo pianoro della Sella delle Ciàule cresce una particolare specie endemica: la stella alpina dell’Appennino (Leontopodium nivale). È una stretta parente della stella alpina più conosciuta (Leontopodium alpinum), da cui si differenzia per le minori dimensioni. Essa cresce solo sui grandi massicci calcarei dell’Appennino Centrale: Monti Sibillini, Gran Sasso e Maiella in particolare.
Il toponimo “vettore” deriva dal latino vector, cioè “vincitore”, ad indicare una cima dominante. Nell’antichità il toponimo era in realtà assegnato alla Cima del Redentore, che è più bassa di solo una trentina di metri ed è ben più appariscente (almeno dal versante umbro); solo quando vennero effettuate le misurazioni dai cartografi si scoprì qual era la cima più alta, a cui venne trasferito il toponimo.
La vetta della montagna, separata dal crinale della Cima del Redentore per mezzo dell’ampia Sella delle Ciàule, si presenta come un cupolone in gran parte detritico. Il versante occidentale è molto angusto e appartato, in parte erboso, in parte roccioso, e sovrasta la conca del Lago di Pilato; il versante opposto è invece imponente e maestoso: un’enorme bastionata di erba e rocce che copre un dislivello di quasi 1500 metri, sovrastando le varie frazioni di Montegallo e di Arquata del Tronto. Per questo motivo, se dal versante marchigiano il Vettore appare gigantesco e selvaggio, dal lato umbro praticamente non si vede, coperto dall’allungata muraglia della Cima del Redentore.
Sulla vetta si trova una croce metallica stranamente piegata; poco più in basso sorge un’altra croce in legno. Il Monte Vettore, essendo la cima più elevata nel raggio di uno sproposito di chilometri (per trovare qualcosa di più alto a sud bisogna arrivare al Gran Sasso, a nord alle Alpi, a est e a ovest non c’è niente fino al mare), offre un panorama vastissimo e straordinario, su gran parte dell’Italia centrale. Verso est si ammira il susseguirsi di crinali che digradano verso il Mare Adriatico – visibile nelle giornate limpide – con la massiccia mole della Montagna dei Fiori che si eleva poco sulla destra. Verso meridione si innalza subito il massiccio crinale arenaceo dei Monti della Laga, che si vede d’infilata, dietro al quale sbuca la bastionata del Gran Sasso, con il Corno Grande in bell’evidenza.
A sud-ovest, dietro agli ultimi arrotondati crinali dell’Appennino Umbro-Marchigiano, sbucano lontanissimi i massicci del Monte Velino e del Monte Terminillo; a ovest e a nord si ha una spettacolare vista ravvicinata di tutta la catena dei Sibillini, dalla Cima del Lago al Monte Priora e oltre. Tuttavia solo la Cima del Redentore copre parte dell’orizzonte: dietro alle altre vette sbucano gli altri crinali dell’Appennino Umbro-Marchigiano e le colline dell’Umbria centrale.
Nei pressi della vetta del Monte Vettore e sul piccolo pianoro della Sella delle Ciàule cresce una particolare specie endemica: la stella alpina dell’Appennino (Leontopodium nivale). È una stretta parente della stella alpina più conosciuta (Leontopodium alpinum), da cui si differenzia per le minori dimensioni. Essa cresce solo sui grandi massicci calcarei dell’Appennino Centrale: Monti Sibillini, Gran Sasso e Maiella in particolare.
Il toponimo “vettore” deriva dal latino vector, cioè “vincitore”, ad indicare una cima dominante. Nell’antichità il toponimo era in realtà assegnato alla Cima del Redentore, che è più bassa di solo una trentina di metri ed è ben più appariscente (almeno dal versante umbro); solo quando vennero effettuate le misurazioni dai cartografi si scoprì qual era la cima più alta, a cui venne trasferito il toponimo.
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