Le vecchie fornaci del Monte Gazzo
Le notizie riguardanti la storia e l’architettura sono tratte dall’articolo Unità produttive perfettamente organizzate: le calcinare di Sestri Ponente – Genova di Rita Vecchiattini (in “Archeologia dell’Architettura III”, ed. all’Insegna del Giglio, 1998).
Il Monte Gazzo, piccola altura che sovrasta Sestri Ponente con il suo noto Santuario, è costituito da dolomie e calcari dolomitici: queste rocce sono state cavate fin dal Medioevo per essere utilizzate come pietra da calce e come inerti. L’attività cavatoria prosegue ancora oggi, come testimoniano gli enormi sguari gradonati sui versanti della collina. Le cave Ghigliazza e Gneo, poste sul lato della Val Chiaravagna, proseguono la loro attività nell’ambito dei lavori per il Terzo Valico. La cava Vecchie Fornaci, ormai abbandonata da tempo, è stata riaperta per iniziare la procedura di recupero ambientale. La procedura prevederebbe lo stoccaggio di enormi volumi di inerti provenienti dagli scavi per il Terzo Valico stesso.
Si può capire quindi come il Monte Gazzo rappresenti un interessante sito di archeologia industriale, con attività attuali che si sovrappongono (spesso cancellandole) ad attività meno recenti e ad attività antichissime. Una delle testimonianze più interessante delle attività passate sono proprio le vecchie fornaci per la cottura della pietra da calce. Intorno al Monte Gazzo ce ne sono almeno cinque facilmente raggiungibili, tra l’altro conservate relativamente in buono stato se si conta la totale mancanza di manutenzione e valorizzazione. Sono ben visibili ma non visitabili: si trovano tutte all’interno di proprietà private, a parte quella lungo la parte superiore di via Gneo.
Le fornaci hanno una caratteristica struttura a pianta circolare e a sezione tronco-conica, dal diametro basale di 5-7 metri e dall’altezza interna di poco superiore ai 10 metri; terminano superiormente con un camino. Le pareti sono in muratura, e alla base hanno uno spessore superiore al metro; venivano poi rivestite esternamente da un intonaco in calce. Alla base si trova una grande apertura, attraverso cui si controllava la cottura e alla fine si estraeva il materiale prodotto. Altre aperture si trovano a 4-5 metri di altezza dal suolo, e attraverso di esse veniva inserita la pietra da cuocere. Infine, nella parte sommitale, una serie di piccole fessure assicurava un buon tiraggio.
Quindi, la pietra grezza cavata e frantumata veniva inserita nella fornace in modo da formare una specie di volta: per primi i blocchi più grossi, per ultimi quelli più piccoli, che venivano posizionati più in alto perchè avevano bisogno di meno calore per reagire. Nello spazio vuoto al di sotto di questa volta veniva inserita la legna da ardere. Nel caso del Monte Gazzo la legna veniva presa dai boschi di San Giovanni Battista e del Bric di Teiolo, oggi non più esistenti.
La cottura durava dai 15 ai 20 giorni, a seconda delle dimensioni della fornace, della qualità del materiale grezzo e anche dell’abilità del calcinarolo nel disporlo all’interno della fornace. Il calcinarolo doveva continuamente assistere alla cottura, assicurando che la fiamma non si spegnesse e che il calore rimanesse costante e uniforme. Poteva inoltre controllare il procedimento con ferri uncinati, che potevano essere inseriti all’interno della fornace per estrarre piccole quantità di prodotto.
Durante la cottura avviene la reazione di ossidazione della calcite e della dolomite, minerali presenti nella roccia originaria. Si formano quindi ossido di calcio e ossido di magnesio, che formano la calce viva. Questa veniva estratta dalla fornace, inserita in botti di legno e portata a valle a dorso di mulo, per poi essere destinata alla vendita. I produttori si impegnavano a non inserire acqua nella calce, che quindi veniva venduta come calce viva. L’operazione di “spegnimento” (idratazione della calce a formare idrossidi di calcio e di magnesio) doveva poi essere eseguita in cantiere.
Come ultima cosa, è interessante notare che molte di queste fornaci siano accorpate a vecchie case. Spesso il calcinarolo viveva proprio accanto alla sua fornace, in modo da poterla assistere in modo continuo. Negli anni più fiorenti dell’industria della calce al Monte Gazzo, queste fornaci si trasformarono in piccole ma autentiche imprese. Il calcinarolo, da semplice produttore di calce, passò ad essere un imprenditore che affidava la sua fornace a operai, comprava i boschi da cui prendere legna da ardere e magari assumeva il controllo contemporaneo di più fornaci per assicurare una produzione continua durante l’anno.
Per via di questo interessante patrimonio storico (oltre che per altri fattori ambientali e geologici) l’area di Monte Gazzo è stata fatta SIC, e una ventina di anni fa si è tentato di lanciare l’omonimo parco urbano. Il progetto del parco è però del tutto naufragato: i vecchi pannelli esplicativi sono ormai arrugginiti e poco leggibili, i segnavia sono vecchi e scoloriti. D’altronde, con la prosecuzione delle attività nelle grandi cave attuali non so bene quando quest’area potrà essere davvero valorizzata dal punto di vista turistico.
Accesso alle fornaci della Val Chiaravagna
Si va in treno fino alla stazione ferroviaria di Genova Sestri Ponente. Da qui ci si sposta a piedi lungo via Banchieri per raggiungere piazza Baracca. Si prende l’autobus 172, che percorre via Chiaravagna, e si scende alla fermata Chiaravagna 4/Cassinelle. Poche decine di metri a valle si trova la prima fornace, all’interno del civico 103. Si continua poi a piedi lungo la strada asfaltata che, oltre il capolinea dell’autobus, si restringe e prende il nome di via Gneo. Passati accanto alle gigantesche Cave Ghigliazza si giunge alla seconda fornace, presso il civico 14 di via Gneo (quota 135; 20 minuti a piedi dalla prima fornace). Proseguendo, si può visitare una terza fornace, peggio conservata e ricoperta di erba.
Accesso alle fornaci di Costa Sestri
Si va in treno alla stazione ferroviaria di Genova Costa Sestri. Si percorre verso destra la banchina per un centinaio di metri, quindi si incontra un passaggio a livello che permette di attraversare i binari. Trascurato il segnavia “due quadrati rossi pieni“, che si allontana a sinistra, si giunge ad un bivio. Si va a destra (segnavia: punto e linea rossi) in via Vecchie Fornaci, una bella creusa limitata da alti muri che sale passando accanto al cimitero di San Giovanni Battista.
Una prima fornace si trova a metà della salita iniziale; altre due fornaci sono situate poco più in alto, oltre un tratto pianeggiante in un gruppetto di case. La mulattiera si biforca poco più in alto; andando a sinistra si attraversa un rio e si risale fino al cancello ai piedi dell’enorme Cava Vecchie Fornaci, ormai non più coltivata e in attesa di ripristino (quota 157; 15 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria).
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